Mi chiedono spesso come ho cominciato. L’idea generale è che si scrive sui giornali per quel meccanismo non proprio democratico che è la cooptazione, la conoscenza, la raccomandazione.
Vorrei raccontarvi come ho cominciato io, nel 1981.
Ero una laureata in filosofia del linguaggio, che seguiva chiamata dal suo Professore, Giovanni Nencioni, la carriera accademica, ma che aveva voglia di stare dentro le cose e non solo di studiare modelli di dimostrazione e elaborare teorie sugli atti del discorso. Mi ero messa in testa di scrivere sui giornali, ma non c’erano scuole allora (oggi i corsi di giornalismo sono utili perché democratizzano l’accesso, tu entri come stagista e ti fai conoscere, se sei bravo, ci resti). E così scrissi un articolo su un tema che conoscevo bene e cominciai a spedirlo in giro. Così, una mattina di qualche mese dopo, andai a trovare il professor Nencioni nel suo ufficio di Rettore della Scuola Normale di Pisa, dove mi aveva voluto con sé come ricercatore di gramatica teorica. Gli dissi “Professore, ho deciso di lasciare la Scuola e di fare la giornalista”. E lui mi rispose, dopo una pausa di riflessione, “Ah, l’hanno chiamata al Corriere della Sera?” Gli pareva che l’unico giornale che potesse reggere il paragone con la Scuola Normale di Pisa fosse il grande Corriere. “No, risposi io, alla rivista dei calzaturieri di Santa Croce sull’Arno”.
Così cominciai a scrivere. Il mio primo articolo si intitolava “Ritrovata a Certaldo la scarpa del Boccaccio?”. Ma quasi subito decisi che volevo arrivare ai giornali veri e studiai una strategia che consiglio sempre quando mi viene chiesto. Studiai la struttura, lo stile di scrittura, il tipo di notizie delle testate nazionali su cui avrei voluto scrivere. E poi preparai una serie di proposte. E cominciai a telefonare ai caporedattori della sezione su cui mi sentivo preparata, Cultura, Spettacolo, e chiesi un appuntamento. A VOGUE, a GRAZIA, a AMICA, allora, nessuno mai aveva ricevuto una telefonata come la mia. E nessuno mi conosceva. Ma tutti, sorpresi e incuriositi, mi ricevettero. E tornai a casa a Fiesole con una serie di interviste commissionate da VOGUE (Eduardo per primo). Con la stessa tecnica, fui assunta come articolo 2 a Panorama, due anni dopo. Al caporedattore, che era Maria Luisa Agnese, spedii un articolo su Cinzia Th Torrini, che allora cominciava la sua carriera di regista. L’articolo uscì e io fui assunta.
Oggi, sono Editorialista de La Stampa, scrivo commenti per OGGI, opinioni e racconti di viaggio per GRAZIA, note di stile per AD, scrivo la Posta del Cuore su Il Secolo XIX e sulla mia Pagina Facebook e tengo la Rubrica Quotidiana “Lato Boralevi” sul sito de La Stampa.

“I baci di una notte”

Antonella Boralevi racconta il suo nuovo romanzo