“Mio fratello è psichiatra. È bello, molto bello anche adesso che ha cinquanta anni.

Ogni mattina si alza alle sei, prende un treno di pendolari e va a far vivere le persone. Mio fratello una volta, anni fa, aveva accettato di accompagnarmi a un pranzo romano, uno di quei pranzi sontuosi e dimenticati, in un palazzo rinascimentale, dove la luce è solo quella delle candele e si cena sotto i Velázquez. Mentre si metteva lo smoking, si rese conto di aver dimenticato gli scarpini. Uscì e se ne comprò un paio, carissimi. Gli scarpini, con lo smoking, sono facoltativi, diceva mia madre. Ma secondo lui, uno smoking doveva essere uno smoking, non un tentativo. Mi indignai per il prezzo, per l’acquisto, per il perfezionismo. Andammo a questo pranzo e due giovani principesse si innamorarono istantaneamente di lui.
La mattina dopo, all’alba, mio fratello prese l’aereo per il Nicaragua. Era, infatti, responsabile del Programma per i Rifugiati delle Nazioni Unite in zona di guerra civile e in Nicaragua, in quegli anni, i sandinisti sparavano, anche al personale dell’Onu. Mia madre era disperata, mio padre si sforzava di non mostrare la sua preoccupazione.
Mio fratello ha lavorato per aiutare le persone che non hanno voce in Colombia, in Turchia, in Nigeria. Viaggiava con i suoi due grossi pastori maremmani, Balù e Olivia. Intorno a lui si sparava, ma lui non contemplava l’idea di tirarsi indietro.
Poi i nostri genitori morirono e mio fratello scelse di lasciare la carriera internazionale, proprio quando gli era stato offerto il culmine, Washington, e di tornare in Italia. In Italia, ricominciò da zero. Con una forza non umana, da solo, è riuscito a creare la prima Unità di Cure palliative nella valle del Mugello, in Toscana. È riuscito a far passare l’idea che anche i malati terminali hanno diritto di vivere pienamente la vita, non soltanto di essere curati fino alla fine. Per questo suo ideale, si batte con garbo e con passione, organizza convegni preparandoli di notte, tiene relazioni negli incontri internazionali.

Poiché ha il dono di vedere con il cuore, da poco ha accettato di aprire uno studio per incontrare anche privatamente chi ha bisogno di lui.
Sa la vita e parlargli guarisce. Mio fratello è il Dottor Maurizio Mannocci Galeotti ed è l’uomo più onesto e intelligente che io conosca.
Questo romanzo è per lui.”


“I baci di una notte”

Antonella Boralevi racconta il suo nuovo romanzo

VOI MI INTERESSATE MOLTO. NON SOLO PERCHÉ, GRAZIE A VOI, IO POSSO FARE QUELLO CHE MI FA STARE BENE, CIOÈ INVENTARE STORIE. MI INTERESSA CONOSCERVI. E MI INTERESSA CHE VOI MI CONOSCIATE. PER QUESTO, HO SCRITTO ALLA FINE DI “UNA VITA IN PIù” DUE PAGINE DEDICATE SOLO E ESCLUSIVAMENTE A VOI. PENSAVO DI RINGRAZIARVI E BASTA. UN ROMANZIERE DEVE TUTTO AI SUOI LETTORI: SIETE VOI CHE PARLANDONE E CONSIGLIANDOLO, FATE IL SUCCESSO DI UN ROMANZO. PERSINO SE NE DITE MALE, FATE DEL BENE AL ROMANZO. MA, MENTRE VI SCRIVEVO, È SUCCESSA UNA COSA STRANISSIMA. VOI, PROPRIO VOI, AVETE SCOPERTO UN SEGRETO CHE MI RIGUARDA.
IO NON LO SAPEVO, MA SIETE VOI CHE MI AVETE FATTO TROVARE DA DOVE VIENE LA MIA ISPIRAZIONE.
GRAZIE DUE VOLTE.